Un sacro dire di sì. Giancarlo Frison scultore
Comunicato stampa
La mostra è l’antologica della produzione scultorea dell’Artista Giancarlo Frison, che, contrariamente alla retorica di altri autori, pur animati dalle stesse finalità pedagogiche, ha forme e poetica in cui prevale la leggerezza, un sognante capace di liberare l’immaginario dell’osservatore, in una sintesi possibile solo a chi si approcci con consapevolezza tecnica ed etica alla Scultura. Così da parlare agli occhi dei semplici e dei dotti. Una sorta di realismo onirico etico. Le opere in esposizione si compongono in diversi cicli: alcune di esse rimandano in modo palese al mondo del Sacro, altre al Fenomenico della Natura o del Lavoro della Campagna in descrittivo, altre ancora al Simbolico e alle Geometrie Topologiche. La volontà dell’Autore di saldare in un unicum le sue diverse esperienze comunicative è resa evidente ed efficace, soprattutto dalle ultime opere. In queste ritroviamo tali elementi così uniti tra loro da essere impossibile connotare la scultura dell’Autore in un «singolo filone»: darne un’etichetta sarebbe un errore grossolano, proprio perché il suo è un linguaggio insieme personalissimo ed universale.
Come scrive Ernesto Luciano Francalanci: Nel manifestarsi possibile dell’arte come verità, le opere autentiche dovranno cancellare ogni traccia di conciliazione. Non possono che urlare, testimoni dello sfacelo del nostro tempo. Nelle ﻍ«zone di rispetto» il profumo dei fiori s’intreccia con i miasmi del male.
Mirella Nalon Cisotto così ne interpreta l’opera: (l’Arte di Frison) è sempre depositaria di un messaggio che dà luogo a una poetica di compiuta coerenza, in cui i temi della vita e della morte risultano intimamente connessi e vengono tradotti, per sottrarre altre parole allo scritto di Arcangeli, «come ciclo di stagione, di rigenerazione». Il lavoro di Frison, pur iscrivendosi stilisticamente nei linguaggi artistici della contemporaneità, rivela però una radice antica.
Mentre Pier Luigi Fantelli conclude: Se per «gentile» si intende – come detta il vocabolario – «affabile, garbato, gradevole» la «parole» di Frison – le sue opere – sono frutto dell’approccio «morbido» alla materia rispettosamente trattata onde ricavarne la maggiore e migliore resa possibile: di qui la valenza percettiva e la «piacevolezza estetica», cioè la BELLEZZA senza la quale la comunicazione artistica non può esistere.
Va citata la Committenza di Frison, spesso di grande amicizia e stima: è il caso di Marco Boato che, in merito all’opera «Memoriale per una madre», eseguita da Frison per la mamma dei fratelli Boato, scrive: Ancora oggi, dopo più di vent’anni, mi commuovo ogni volta nel contemplarla e nell’ammirarla, con un senso di profonda gratitudine per l’autore: per la sua capacità artistica e anche per la sua singolare carica di umanità.
L’aspetto lirico e poetico di Frison, secondo Brunilde Neroni, si esprime appieno nel ciclo dei mesi e delle stagioni descritti nei tre grandi bassorilievi in bronzo, di omonimo titolo All’ombra della casa con gli archi intanto nascevano vite e crescevano piccoli animali, si rincorrevano ore, segnate da albe e tramonti, nello sfondo di Angelus recitati tra covoni e fienili di paglia, semine e raccolti… mentre nella stalla il padre mungeva il latte, prezioso per la famiglia alla fine del giorno, finché gli uccelli andavano in stormo a riposare, tra le nuvole d’autunno. In un arco di sole meridiano e sempre intero.
Infine, gli esiti della Scultura di Frison sono assolutamente indipendenti dal mezzo usato: si tratti di terracotta, di bronzo, di bronzo patinato, di ottone, di vetro, di naylon, vetroresina o di Ready Made.
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Giancarlo Frison è nato nella campagna delle Selve di S. Benedetto nel 1949.
Gli anni del liceo, trascorsi con gli alunni del Monastero di Praglia presso il Seminario Vescovile di Padova, gli hanno aperto l’opportunità di frequentare esposizioni, musei e chiese. Ha ricevuto i rudimenti di modellazione plastica dalla scultrice Licia Boldrin, nipote dello scultore Paolo Boldrin. Si laurea in Arte Contemporanea col professor Umbro Apollonio, presso l’Università di Padova.
Le grandi mostre di scultura e l’incontro con artisti e critici hanno stimolato, assieme agli studi, una passione per la scultura astratta, geometrica e per il mondo delle intuizioni morfogenetiche originate dai solidi primari, dalla topologia, dai nodi. Decisivo è stato in questa fase l’incontro con Giò Pomodoro e Max Bill.
L’affiorare di un progressivo distacco critico rispetto all’estraniamento dell’arte in luoghi elitari e l’adesione a committenze destinate agli spazi della quotidianità semplice, lo hanno condotto a raccogliere l’esigenza di una lingua comune, nutrita dalla memoria e dalla tradizione.