Descrizione
Il Duetto romanesco nelle parole di Roberto Ciavarro:
Si apre il sipario su Roma ed ecco entrare in scena, in un vero e proprio duetto, la passione per la poesia e l’approccio alle sottili e sinuose problematiche dell’amore da parte di due romani diversi per formazione e per scelte stilistiche, che però hanno in comune il culto, la storia, lo “spiritaccio” della propria città.
Massimo Moraldi è nato e vive a Roma. Maddalena Capalbi è nata a Roma e vive a Milano, ma non si lascia sfuggire l’occasione di tornare a Roma, e ogni pretesto è buono. I due spiriti si ritrovano in questa silloge poetica e danno lustro all’Urbe. Tutto ha inizio con la raccolta L’opera da sei mesi, un grazioso bouquet scritto come fossero allo specchio. Il duetto amoroso si conclude ad ogni pagina come una sorta di “dialogo in versi” in cui emerge una forte complicità artistica. Per vivere, abbiamo bisogno di amare e di essere amati, e l’amore dà senso e colore alla nostra vita. Immaginazione e creatività favoriscono e rendono possibile, se non ineluttabile, la magia del gioco erotico. Quando ci si innamora, infatti, si perde la ragione, e il concetto è reso con grande efficacia nei versi qui raccolti. L’amore è fatto anche di schermaglie. L’amore è bello, “perché è stuzzicarello!”: è proprio quando si dà la stura all’amore, nelle piccole conflittualità, che si accende il desiderio.
L’amore per una donna si coglie con delicatezza. La poesia scaturisce e diventa comunicazione essenziale; lo si evidenzia nel componimento ’Na lettera d’amore, dove è lampante. Lei, in questo caso, chiede: dettame ‘na poesia e regaleme l’occhi pe camminà in mezzo a sta follia che ce farà campà sotto ‘na lettera firmata M. C.. È bello anche questo siglarsi classicheggiante. E lui, che è stato definito gajardo, vorrebbe dare ancora di più, e dice: Me piacerebbe d’esse Gesù Cristo pe raddoppià sti baci, come a Cana li pani co li pesci […]. Poi, precisa: Se resisto mi spezzi e neanche l’ostia resta sana. Qui si riprende il filo della consapevolezza.
La donna mette il sentimento al primo posto e dice ne La voce der core che, pur tacendo, dar core mio se fa sentì la brezza monella e dispettosa che te piace. Ecco il duettare poetico, la scaramuccia, il gioco dell’amore. Ma, questo sentimento è universale e accessibile a tutti? L’amore, inteso come sentimento supremo, non è qualcosa che si compra e questo concetto viene ben
evidenziato nella poesia San Valentino: Gnente brillocchi pè San Valentino, nun s’ha da misurà co li carati la gioia de vedette qui vicino.
Questa nuova silloge è tutta da scoprire. Un tuffo nella romanità. Ci accompagnerà, poesia per poesia, in un mondo dal profumo antico e persistente di usi, costumi, sensazioni e sentimenti. Moraldi scrive in un romanesco più vicino allo stile di Giuseppe Gioachino Belli e nella tradizionale forma del sonetto, il “vestito buono” che all’ombra del Colosseo la letteratura fa indossare alla creatura di Jacopo da Lentini. Giuseppe Gioachino Belli è il grande poeta protagonista della storia di Roma, come successivamente sono stati Carlo Alberto Salustri (Trilussa), Cesare Pascarella e Gigi Zanazzo. Il Belli scrive in un romanesco schietto, il romano del popolo. È un po’ oracolo, ispiratore ma anche consolatore. E mentre Massimo Moraldi segue lo stile del sonetto che ben si lega nel dialogo amoroso, Maddalena Capalbi usa il verso libero, che non soggiace a rigide regole di rima e di metrica, ma è (comunque) sempre dettato da istanze autentiche e passionali. E a questo punto ogni autore ha bisogno di una pagina per sé. Il dialogo è sostituito dal monologo con sé stessi. Affiora anche un certo romanticismo nei dialoghi, ispirato alla presenza sulla scena letteraria italiana di Carlo Porta, che pone il vernacolo come protagonista nella poesia popolare. Per Carlo Porta l’uso del dialetto è suggerito da un bisogno di immediatezza e autenticità. Il Belli, che conosce la poesia dialettale del grande meneghino nel suo soggiorno milanese del 1827 e ne fa un percorso poetico personalissimo e profondo, è forse più crudo e si lega a nuovi ideali di vita.
Si rende necessaria un’ulteriore riflessione, rimanendo nella romanità che pervade questo libro, evocatami in Er mercato de San Saba. I richiami, le voci che sembra quasi di sentire, fanno riaffiorare il ricordo di dialoghi amorosi che si intrecciano con la quotidianità; si coglie una nota folkloristica, che connota nettamente l’ambiente variegato, affollato e operoso dei mercati di un tempo.
Quotidianità e amore, dunque. Con il componimento Er barattolo si può dire che si completa il quadro: nell’apparente insignificanza di un semplice oggetto di uso comune è espresso in pieno il sentimento amoroso apertamente dichiarato in quest’opera. Per ciascuno. Per tutti. E per la città di Roma.
Chiude il volume una riflessione di Paola Zan:
M’hanno divertito assai, e dal primo momento, questi due personaggi popolareschi, Sora Lena e Cosimo. Sotto la maschera riconosco nettamente Maddalena Capalbi e Massimo Moraldi che vedo stagliarsi sulla scena con il loro slancio poetico appassionato e determinato! Essi duettano in versi, forti della loro “romanità”, conquistata sul campo in anni e anni di letture e scritture di sonetti e di poesie in versi liberi, irresistibili. Perché sono davvero abili nel restituire, in un botta e risposta incalzante, l’atmosfera delle “tenzoni amorose” d’altri tempi. Quel dialogo fitto, quel rintuzzar lazzi e intemerate con l’uso del registro del rimbrotto ironico e dello sberleffo impietoso e affettuoso, con un’energia implacabile (che in fondo testa e, sopratutto, rinsalda i sentimenti!), mette in evidenza la loro complementarietà. Tanto furore poetico è nei versi aspri e di grande intensità di Maddalena, quanta veemenza mista a profonda dolcezza sta nei rigorosissimi sonetti di Massimo. Er core de noantri. Duetto romanesco, che overview editore, ponendo da sempre grande attenzione a tutte le vibrazioni geo-esistenziali, inserisce nella collana “Parole sul Territorio”, per la prima volta ci offre l’opportunità di leggerli assieme, una dopo l’altro, d’un fiato, portandoci a spasso per Roma in genuinità totale. Ora sono per sempre con noi lettori curiosi.
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Franco O. –
…Trasuda un sentimento doloroso…
Sono anni che manco da Roma…
Granne … Vennicato? Ecco io sono nato a Tivoli! Il romanesco da noi in realtà è… tivolesco … tivolese, tiburtino!
Ma posso di che ‘sto libbro m’è piaciuto …
Bello, me so propio divertito.
Franco O., Pistoia, gennaio 2024
Egidio Romagna –
‘Sti sonetti, co’ li poemetti a dimanna, a me me pareno ‘na misticanza tra li stornelli romaneschi rintuzzati a li Castelli, ma addolciti, e li sonetti lussuriosi de ‘n tempo, studiati e aricordati cór sentimento da chi vò fà tornà li tempi belli.
Egidio Romagna, gennaio 2022