Descrizione
In Versi Lucani Vincenzo De Cunzolo esplora e racconta, in forma di poesia, lo stretto legame con la sua terra di origine, la Lucania.
Nella immagini della galleria si possono leggere i testi della Prefazione e del profilo di Viincenzo nella loro interezza; a questi si aggiungono le immagini di Alberto Andrian che illustrano lo spazio intimo di Vincenzo, che, per chi lo conosce, sa che proprio intimo non è, data la forte propensione di Vincenzo ad accogliere in casa amici e conoscenti, dando vita a uno scambio di relazioni continuo e ininterrotto.
Alessandro Cabianca, nella sua prefazione Il respiro trattenuto delle cose, così descrive questo rapporto:
Quando i legami sono troppo forti, e anche il solo nominarli ripropone quel mondo di relazioni, di suggestioni e di soggezioni, di necessità si stabiliscono delle distanze, dei nascondimenti, per attenuarne l’ansia, e riconoscerli è compito assai arduo per il lettore, che a volte preferisce passare oltre senza soffermarsi sull’amore e sul dolore che vi si accompagnano. Indagare da questo angolo di visuale il legame di Vincenzo De Cunzolo con la sua terra, per come ci appare dai suoi versi, permette di leggere in trasparenza altri legami, che si lasciano appena percepire, per il senso di solitudine e d’inadeguatezza che li caratterizza. Questo primo libro di poesia di De Cunzolo (scelta felice da un vasto materiale magmatico, secondo i preziosi suggerimenti di una importante poetessa, Santa Costanzo) ci permette non tanto di aprire una finestra che dia luce sul suo mondo interiore, ma di intuire, indirettamente, molto indirettamente, un mondo ricco, profondo, che ancora non si sa pienamente disvelare.
Versi che sono parole trattenute (esattamente il contrario del carattere estroverso, esuberante dell’autore), sussurrate, mai esibite, mai gridate, perfino intimiste:
Ogni giorno
sussurro i miei pensieri
al sole.
Occhi sorpresi che guardano le stelle, il sole, la luce come se mai li avessero visti, sguardo di fanciullo che enumera i propri passaggi per lenire gli strappi, le separazioni.
Santa Costanzo così invece presenta Vincenzo al pubblico:
Nato a Palazzo San Gervasio nel 1959, sesto di otto tra fratelli e sorelle, Vincenzo De Cunzolo, medico, vive e lavora a Padova dove si è trasferito nel 1978. La sua vita è stata funestata dalla perdita prematura di un fratello e di una sorella e, in seguito, anche dei genitori, eventi questi che hanno lasciato nella sua anima ferite profonde quanto profondo era il suo affetto per i congiunti precocemente scomparsi. E queste ferite hanno influenzato intensamente la sua poesia: “versi che sono parole trattenute”, come acutamente osserva il prefatore Alessandro Cabianca, quasi a volere pudicamente velare la sofferenza, come è nel modo di essere della gente lucana che non grida e non drammatizza il dolore per ottenere l’attenzione e la solidarietà degli altri, certa che il suo problema sarà percepito da chi, spinto dall’amore e dallo spiccato senso di umanità che distingue quel popolo, si dedicherà, con spontanea empatia, al sofferente. Questo altruismo disinteressato ha caratterizzato tutta la vita dell’autore che fin da bambino, insieme alla sua famiglia, si dedicava ai piccoli degli orfanotrofi, ospitandoli, educandoli, nutrendoli di cibo e di attenzioni durante il giorno per poi riaccompagnarli in istituto per il riposo notturno. Da adulto, questo straordinario esercizio all’altruismo si è manifestato attraverso l’assistenza agli immigrati, agli studenti stranieri, a chiunque manifesti uno stato di bisogno. Questa propensione verso gli altri però è vissuta in sordina, senza clamore essendo per De Cunzolo un suo modo di essere e di vivere.
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