La poesia di Paola Zan
Spezzoni di vita, esistenze sfilacciate e sfibrate come tessuti lisi, pelli raggrinzite e lacerate dall’usura. Eterne e medesime storie degli umani, rinverdite da nuovi ardori, poi adombrate, e ancora di umori accese, infiammate di passioni. Eterno ritorno del medesimo nietzschiano, ciclico come la vita e lineare come la consapevolezza che non ci sia cosa che non declini. Ciò che è stato e non è più torna ad essere in inesauribili reincarnazioni. La poesia di Paola Zan echeggia del tempo di chi calca la terra coi piedi inguantati in morbidi stivali nel tentativo di affermare la bellezza ad ogni passo e a tutti i costi, e di rivoltarsi alla putredine del consumo di tutto. Versi ecologici attraversati dal rifiuto del superfluo, dell’inutile; il disgusto per l’immondizia tutta che ci circonda e asfissia il quotidiano. Un lamento accorato, una rivolta contro certa operosità (dis)umana rea di sovrapproduzioni che ingombrano e sviliscono l’esistenza.
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