Dal catalogo della mostra I luoghi delle emozioni. Padova: progetti per sei aree, il testo di João Nunes, architetto paesaggista (PROAP, Lisbona).
Il vuoto come opportunità
Il tema della riconversione dei grandi spazi con funzioni o occupazioni che il tempo e le circostanze hanno reso obsolete è ricco e molto ricorrente per le metropoli Europee ed in generale per le città di ogni dimensione.
La sfida porta con sé problemi differenti, spesso messi in relazione con usi inquinanti, o suoli contaminati, che minacciano o impediscono la risoluzione del problema. La coscienza ambientale e la crescente urbanizzazione accoppiata con le mutazioni economiche, hanno reso la presenza di queste dirompenti infrastrutture di fatto inaccettabile per le stesse comunità che le hanno create.
Dal punto di vista urbano, senza considerare il grado di inquinamento e la possibilità di reversibilità, il problema è definito in termini di trovare un ruolo valido e contemporaneo per spazi che oggi, ripuliti dai loro usi originali, sono divorziati dai loro contesti a causa della dimensione, dell’impermeabilità, e degli elementi del tessuto contestuale. La loro riconversione, anche se difficile per circostanze e per assetti proprietari, è una priorità per le autorità locali.
Solitamente si seguono due percorsi principali: l’intervento privato o l’iniziativa pubblica. Il primo ha generato modelli di sviluppo centrati sull’immobiliare – residenze, commercio, uffici – con una massimizzazione del volume costruito. E’ la costruzione istantanea di pezzi di città, in cui lo spazio allocato per le aree pubbliche è generato dai parametri normativi del verde pubblico e servizi. Questo modello sempre più utilizzato, addirittura dominante, è oggi esaurito come soluzione infallibile per spazi di grande dimensione.
Il secondo, gestito dall’ente pubblico, ha intrinsecamente lo scopo di servire la comunità piuttosto che massimizzare il profitto. Come conseguenza, questa ipotesi consente di pensare nel lungo periodo, sui rapporti tra generazioni diverse, sulla costruzione di una eredità per le future generazioni, o in termini generali sulla valenza della creazione di migliori circostanze e condizioni di vita rispetto a quelle che abbiamo trovato in partenza.
I vuoti urbani, che sono spesso definiti così perché mancano di una delle diverse condizioni urbane, sono spazi essenziali nella città, spazi dove l’assenza di specifiche funzioni pragmatiche consentono l’implementazione di una enorme diversità di funzioni dal carattere temporaneo. Sono infatti spazi riservati alla materializzazione delle convinzioni delle future generazioni, e la celebrazione della qualità più rara dello spazio urbano, la reversibilità. Per contrasto, il vuoto celebra e conferma il carattere urbano da cui emerge la qualità essenziale della vita urbana: la densità.
Quando una città decide di destinare ad uso pubblico uno spazio urbano recuperato, di vaste dimensioni, il desiderio di realizzare un parco che occupi in forma permanente lo spazio rappresenta una volontà collettiva. Questo significa essenzialmente preservare una strategica riserva di spazio, terreno e suolo non costruito.
Crediamo che questa posizione dovrebbe costituire un punto di riferimento intenzionale di importanza innegabile per tutte le città che fronteggiano questo tipo di sfida, oltre che acquisire un significato storico specialmente nel contesto Europeo e Nord Americano.
La sfida è grande ed il suo messaggio determinante.